La tanatoprassi, ancora poco conosciuta in Italia, è un trattamento post-mortem che garantisce una corretta conservazione igienica del corpo. Questo processo avviene nelle ore successive al decesso, tramite l’applicazione di soluzioni chimiche. L’obiettivo è quello di favorire la fuoriuscita di liquidi organici e vapori. Questi, infatti, potrebbero creare un ambiente meno igienico e rendere la veglia funebre più difficile per i familiari.
Come avviene la tanatoprassi
Il processo di tanatoprassi prevede l’iniezione di un fluido conservante nel sistema arterioso. In aggiunta, vengono eseguite operazioni estetiche per mantenere un’immagine dignitosa del defunto, rallentando la decomposizione naturale. Grazie a questi interventi, il corpo del defunto conserva il suo aspetto per circa 10-15 giorni, rendendo il momento del lutto meno traumatico per i familiari.
Differenze tra tanatoprassi e imbalsamazione
Molti tendono a confondere la tanatoprassi con l’imbalsamazione perpetua, ma si tratta di due pratiche molto diverse. L’imbalsamazione mira a conservare il corpo per un tempo indefinito, mentre la tanatoprassi ha come scopo principale garantire una conservazione temporanea per permettere una veglia dignitosa. La tanatoprassi, inoltre, accelera il naturale processo di polverizzazione del corpo, riducendo il tempo di decomposizione a circa 10 anni, rispetto ai 40 necessari senza trattamento.
Dove si esegue la tanatoprassi
In Italia, la tanatoprassi è ancora scarsamente regolamentata, anche se esistono associazioni di riferimento come l’INIT (Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi). Le case funerarie, luoghi dedicati che offrono alle famiglie un ambiente più riservato e confortevole rispetto agli obitori, effettuano spesso il trattamento. In questi spazi, i professionisti trattano e conservano la salma del defunto con dignità, consentendo ai familiari di affrontare il lutto in un contesto più intimo.